È stato pubblicato uno studio condotto da Legambiente e Alce Nero per evidenziare l’uso dei pesticidi nei prodotti italiani: i dati emersi dall’analisi.
Legambiente ha pubblicato il nuovo rapporto “Stop pesticidi nel piatto“, realizzato con l’azienda Alce Nero con l’obiettivo di analizzare la situazione relativa ai pesticidi contenuti negli alimenti che finiscono sulle tavole dei consumatori.
Per l’analisi sono stati esaminati più di 5mila campioni di alimenti provenienti da numerose regioni italiane ed in oltre il 40% di questi è stata evidenziata la presenza di fitofarmaci, mentre nel 26,3% del campione è stata riscontrata la presenza di più residui. In relazione a quest’ultimo dato, gli esperti hanno sottolineato come la presenza di molteplici residui possa rappresentare un rischio importante per la salute umana.
Nelle scorse settimane è stato pubblicato “Stop pesticidi nel piatto“, realizzato da Legambiente e Alce Nero per analizzare la presenza di pesticidi negli alimenti e l’uso di fitomarmaci dell’agricoltura italiana.
L’analisi, i cui risultati sono stati pubblicati sul sito dell’associazione ambientalista, ha preso in esame 5.233 campioni di alimenti, provenienti da diverse regioni del nostro Paese e sia da agricoltura convenzionale che biologica. Dai test è emersa una percentuale di irregolarità pari all’1,3%. Nello specifico, il 41,3% presentava residui di fitofarmaci, mentre il 26,3% la presenza di più residui, circostanza preoccupante considerato che tracce di più residui in un singolo alimento possono essere rischiosi per la salute umana.
Entrando nel dettaglio, il settore maggiormente colpito risulta essere la frutta con il 74,1% dei campioni analizzati contenente pesticidi. Al secondo posto la verdura (34,4%), seguita dai prodotti trasformati (29,6%) come i cereali integrali e il vino. Lo studio ha evidenziato anche quali siano i pesticidi la cui presenza è stata riscontrata maggiormente nei campioni: Acetamiprid, Boscalid, Fludioxonil e Imazalil.
Gli autori del report hanno voluto evidenziare due casi emblematici. Il primo riguarda un campione di peperoncini in cui è stata riscontrata la presenza di ben 18 residui differenti, mentre il secondo due campioni di pesche in cui sono stati rilevati 13 e 8 residui.
Spicca, invece, il settore dei prodotti trasformati, dove l’olio extravergine di oliva ha fatto segnare un altissimonumero di campioni completamente privo di residui, così come il vino con una percentuale del 53,1% dei campioni senza alcuna tracce di fitofarmaci.
Infine, lo studio ha voluto esortare l’adozione di misure per ridurre l’uso di fitofarmaci nell’agricoltura così da salvaguardare l’ambiente, la salute umana ed i prodotti che arrivano sulle tavole dei consumatori.
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